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STALKING: DI CHE COSA SI TRATTA ?

Il termine stalking, mutuato dalla lingua inglese, significa letteralmente cacciare, inseguire, perseguitare. Esso indica il comportamento di chi, attraverso la propria condotta, affligge un'altra persona, ingenerando in essa un continuo stato di ansia e provocando nella medesima lo sconvolgimento della vita quotidiana. Lo stalking può realizzarsi in qualsiasi relazione interpersonale, non necessariamente affettiva.


Il d.l. 23 febbraio 2009, numero 11, convertito in legge 23 aprile 2009, introduce in Italia il reato di stalking. rappresenta una fattispecie specializzata della violenza privata: affinché si realizzi l'illecito il codice penale richiede una pluralità di condotte ripetute nel tempo, che cagionino nella vittima un «perdurante e grave stato di ansia o di paura».
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GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: CHE FARE ?


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REATO DI  STALKING - APPROFONDIMENTO

Stalking è un vocabolo inglese che può essere tradotto come molestia, minaccia e viene usato per indicare una serie comportamenti che vengono messi in atto per intimorire, tormentare, spaventare una persona.Si tratta di eventi che si verificano piuttosto frequentemente nel caso ad esempio di coppie separate quando uno dei due coniugi o fidanzati non si rassegna ad accettare la fine della storia d'amore, ma lo stalking si può verificare anche per moltissimi altri motivi e non sono rari i casi di personaggi famosi tormentati da fans troppo ossessivi. Sostanzialmente alla base di comportamenti di questo genere vi è da parte dello stalker la non-accettazione di una situazione e, pur di ottenere ciò che desidera, mette in atto delle vere e proprie torture psicologiche nei confronti della sua vittima. Torture psicologiche che possono consistere in pedinamenti, osservazione ossessiva, danneggiamento di oggetti di proprietà della vittima, minacce, continui approcci e poi ancora lettere, sms, email e ogni mezzo che deve ricordare alla vittima in ogni momento la sua presenza. Talvolta lo stalker giunge anche al punto di far ritrovare macabri "souvenir" come animali morti o addirittura si spinge a uccidere gli animali di chi perseguita. Questi comportamenti sono spesso frutto di personalità disturbate e purtroppo capita che, dopo una fase di tormento psicologico, lo stalker passi ai fatti e trasformi le sue minacce in realtà aggredendo e a volte uccidendo l'oggetto delle sue attenzioni. Fino al 2009 in Italia lo stalking non era considerato reato, ma già da diverso tempo si levavano voci da più parti perché la normativa italiana lo rendesse punibile e così il 23 febbraio di quell'anno un decreto legge lo ha inserito tra i delitti contro la libertà morale e in breve tempo è stato convertito nella legge n. 38/2009. Secondo il nostro  lo stalking si configura come un'insieme di condotte reiterate che portano la vittima a mutare le proprie abitudini per preservare la propria incolumità o quella di persone legate a lei con un vincolo affettivo. La pena prevista per il colpevole va da sei mesi a quattro anni di reclusione. Già nel mese di aprile del 2009 il Tribunale di Bari in Sessione di Riesame andava specificando con un ordinanza che per la configurazione dello stalking non è necessario che intervengano percosse o maltrattamenti è sufficiente anche la sola minaccia di un'aggressione fisica a ingenerare paura e ansia. Il 30 giugno dello stesso anno è stata poi la volta della IV Sezione Penale del Tribunale di Napoli che ha riconosciuto che anche a mezzo telefono si può configurare il reato nel caso in cui le chiamate si ripetano in modo ossessivo. La giurisprudenza nell'applicazione della legge ha così iniziato a considerare come stalking qualsiasi comportamento reiterato che potesse turbare la serenità psicologica di una persona e infine per fare maggiore chiarezza la Corte di Cassazione è intervenuta con diverse sentenze per indicare il comportamento dei giudici di fronte a tale reato. Con sentenza n.32404 del 2010 la Suprema Corte ha stabilito che può verificarsi la persecuzione nei confronti della vittima anche senza la presenza fisica dello stalker, ma anche con messaggi via email, Facebook, telefonate e sms. In seguito a novembre 2011 (sentenza n. 42146) ha ravvisato anche nei reiterati messaggi telefonici pacifici la configurazione del reato. L'uso sempre più diffuso dei social network ha poi costretto gli ermellini ad ampliare ancor di più i comportamenti persecutori inserendovi anche lo stalking tramite il loro utilizzo con post ingiuriosi, minacciosi o in ogni caso tendenti a infastidire in modo ossessivo il destinatario (sentenza 14997/2012). Per provare che la vittima subisce un disagio psicologico e destabilizzante non è però necessario che questo sia provato da uno stato patologico, è sufficiente la constatazione di ansia e stress (n. 42953/2011). La Corte di Cassazione si è pronunciata anche riguardo alla reiterazione dei comportamenti persecutori e ha stabilito che non è necessario che siano protratti per lungo tempo, ma possono bastare anche solo due condotte consecutive per intimorire la vittima e turbarla (sentenza 6417/2010). Nell'aprile 2012 la Suprema Corte ha fornito chiare indicazioni ai giudici suggerendo che di fronte a un processo per stalking si deve constatare lo stato di paura e timore della vittima e verificare come siano mutate le sue abitudini per tutelarsi di fronte al suo persecutore, Devono inoltre essere valutate queste nuove abitudini per verificare che siano veramente assunte a scopo difensivo per evitare lo stalker. Nella legge approvata nel 2009 riguardante la configurazione del reato prevede anche che, oltre alla reclusione, il giudice possa intimare allo stalker di non avvicinarsi alla vittima in qualsiasi luogo essa si trovi.


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